Thursday 18 December 2008

Dischi rotanti :
Giuni Russo - Demo.De.Midi

Giuni Russo - Demo.De.Midi (2003)

I dischi rotanti sono quelli che, per varie vicissitudini, ti ritrovi ad ascoltare un sacco di volte. Come se fossero in rotazione alla radio, solo che sono in rotazione attorno a te e basta: il resto del mondo magari li ignora, li trova datati o magari li schifa pure. E tu invece te li ascolti a ripetizione, a volte contro la tua stessa volontà, magari perché li hai sul desktop sotto forma di mp3, o perché sono i primi nel listone personale di iTunes, oppure perché te sei portati al mare solo quelli. Nel mio caso il problema di solito è che sono quelli nel lettore portatile che ha uno spazio limitato: dunque metto su degli album che poi, in virtù della mia pigrizia illimitata, restano lì per mesi e mesi, sfidando ogni logica di turn over.
Di conseguenza, i dischi rotanti non sono necessariamente i preferiti assoluti. Magari sono dischi curiosi, che volevi sbocconcellare appena, mosso dalla curiosità, e invece diventano intimi compagni di viaggio in metropolitana, di camminate nei campi, di musicali silenzi della coscienza.

Nel 2008, uno dei dischi rotanti più rotanti attorno a me è stato sicuramente Demo.De.Midi di Giuni Russo. Un CD di fine 2003 pieno di versioni demo (da cui il titolo) di grandi pagine giunirusse, ma anche di piccole pagine giunirusse, ma anche di inediti giunirussi. Io adoro i dischi di demo/out take/rehearsal, dalla Beatles Anthology allo sconvolgente Scoop di Pete Townshend. Adoro quel senso di unfinished music, quella scarnificazione che ti fa capire subito se la canzone regge o non regge. In Demo.De.Midi ci sono pezzi che reggono e altri che non reggono, e la natura anni Ottanta/Novanta dei provini, ovvero una natura suonata specialmente con strumenti elettronici MIDI, fa sì che solo brani veramente meritori sopravvivano. Il demone dei demo midi, come sanno i musicisti tutti, non perdona. D'altro canto, se hai la voce di Giuni puoi accompagnarti anche con due legnetti, una fresa o un manometro a pressione, e comunque qualcosa c'è. Se a volte, soprattutto nelle registrazioni dal vivo, la voce scatenata della nostra beniamina raggiunge un lirismo per molti eccessivo, in questo disco da retroscena, da dietro le quinte, si trova una misura canora perfetta.

Tra gli episodi memorabili spiccano:
- "Una la verità", dall'incedere ipnotico da cammello, che poi sarebbe stata pubblicata con un arrangiamento stravolto e col titolo "Amala". Il demo è stupendo, e ha una reprise techno ignorante nella ghost track finale che è uno sballo.

- "La sua figura". È probabilmente IL pezzo di Giuni, per me. La "signature song". Ispirata dagli scritti di San Giovanni della Croce, riesce ad esprimere il significato dell'arrendevole cedevolezza mistica con tutta la leggerezza pop e la sensualità che sono proprie della Verità. Ne esistono varie versioni(de "La sua figura", non della Verità, che è una, vedi sopra) una anche in duetto con Battiato, ma qui c'è già tutto.

- "Vieni". Uno di quei bei pezzi arabeggianti che o hai la voce in grado di pigliare i quarti di tono o sei spacciato. Ispirata alla celebre quartina del padre dei Sufi, Jalal al-Din Rumi: "Vieni, vieni, chiunque tu sia vieni: sei un idolatra, un miscredente, un ateo? Vieni. La nostra non è la casa della disperazione, e anche se hai tradito cento volte una promessa... vieni!" Recita in lingua persiana Gabriele Mandel, che è un gran signore di cui riparleremo. Mi pare di arguire che "Vieni", in persiano, si dica "Vasa", cioè "Bacia" in napoletano. Per la proprietà transitiva, "Vieni" e "Bacia" diventano sinonimi. Bello, no? Si tratta comunque di aprire il cuore, in fondo.

- "La donna è mobile" ci ricorda che i mistici sanno anche ridere. Se non soprattutto. Peccato che non sappiano ridere i discografici, che devono aver trovato un pezzo del genere inqualificabile.

- "L'abisso del sesso": figuriamoci poi un discografico che si vede recapitare un provino che dice "Tu con la tua follia sprechi l’energia e non conosci te stesso, e in me non fai che andare a fondo e vai negli abissi del sesso". Bella lì. Rejected.

Ci sarebbe tanto altro da dire. Ditevelo da soli ascoltando il Disco Rotante!

Naturalmente per godersi Demo.De.Midi sarebbe meglio conoscere prima almeno la discografia minima della Signorina Romeo, che personalmente individuo in: Energie (1981), Vox (1983), Se Fossi più Simpatica sarei Meno Antipatica (1994).

PS Ehi, ma è appena uscito un (abbastanza) nuovo disco di Giuni! No, così, per dire. È che mi sta così simpatica, Giuni.

2 comments:

Anonymous said...

Tutto bene, non fosse che la verità non è una, orpo!
Quisiquilie.
Non conosco Giuni, ma ora mi è venuta voglia di cimentarmi. Cioè: è una che se fosse stata più simpatica sarebbe stata meno antipatica.
Geniale.
Di B invece approvo molto la sfida al mito sopravvalutato del turnover. Nel suo caso, l'assenza di turnover invece che palle rotanti genera dischi rotanti.
Sufi.

S

B. said...

Orpo lo dico io! l'ultima volta che ho controllato era una, la verità, e le conteneva tutte. Ma magari ho visto male, eh!

D'altro canto capisco il problema. Anche i discografici dissertarono filosoficamente con Giuni in merito al titolo del provino, "Una la verità", tanto che poi glie l'han fatto togliere, ed è diventato "Amala, Amala".

I dervisci girano in modo da non farsele girare, infatti. Non ci avevo mai pensato, ma dev'essere per quello: girando alla stessa velocità delle palle, esse divengono immobili. Coi dischi è lo stesso.

Grazie per portarmi a disquisizioni peripatetiche di simile livello :D


B.