Saturday 19 December 2009

Devendra Banhart live
nonostante i Magazzini Generali,
Milano, 18 dicembre

Foto rubata a qualcun altro e inerente il concerto del 5 dicembre allo Sheperd's Bush di Londra, ma l'atmosfera, l'uomo e il berretto erano gli stessi!

E così, out of the blue, mi sono ritrovato al concerto di Devendra Banhart, un'ipotesi plausibile, fino a poche settimane prima, come i cavoli a merenda.
18 dicembre, ai Magazzini Generali. Nevicava, oh, se nevicava, e voi sapete quant'è bello quando nevica, e poi Devendra e la neve sembrano due concetti che si sposano benissimo. Peccato che in mezzo ci fosse Milano e i milanesi. Non che i milanesi siano tutti insopportabili fighetti freddi e snob, aborriamo queste generalizzazioni! L'89% degli spettatori del live di Devendra, però, sì. E la neve creava un'ansia logistica: andare, tornare, come fare, probabilmente. Insomma, io e i miei graziosi amici e amiche eravamo nelle prime file insieme a un valoroso manipolo di vibrazionisti positivi. Ma dietro, oh, dietro di noi si apriva una voragine senza coscienza di gente distratta che chiaccherava, soprattutto nella parte di set acustico. Pur trovando ridicola la dicotomia tra forze del bene e forze del male tra il pubblico, essa era decisamente tangibile. Uno vuole fare l'amore, a un concerto, mica la guerra! E invece.
Capitan Devendra ha suonato impeccabilmente, così come il suo gruppo-che-cambia-sempre-nome, ora ribattezzato The Grogs, tra i cui membri s'impone il batterista Gregory Rogove, che a mia volta ribattezzerei RoGroove. Tra loro, un'intesa eccellente, anzi, sorprendente, ma era come se, ogni volta che Devendra o gli altri mettevano il muso fuori dal loro cerchio energetico sciamanico, dei dardi avvelenati di indifferenza li trafiggessero. Per quanto il ragazzo abbia decisamente le phisique du rôle del San Sebastiano, è evidente che farsi martirizzare proprio ai Magazzini Generali, una delle massime cloache della città, non fosse la sua massima aspirazione per la serata. E guerra sia! Le (prime) fila si stringono, nonostante alcune spie del nemico, dei piombi terrificanti incapaci di muovere anche un mignolo. Una ragazza appartenente a questa categoria di statue di sale mi rivolge parole roventi: "Se mi pesti la borsa ti ammazzo". Uellà! La mia amica E.R., in compenso, digrigna una severa minaccia al boyfriend: della statua: "Tojite i ociai!". Devendra è affranto, sembra quasi voglioso di mollare tutto, ma una bandiera venezuelana plana da chissà dove tra le sue mani. Se la lega alla cintola, si inginocchia davanti al manipolo dei suoi sostenitori, batte cinque a un coach improvvisato appena sotto il palco. "Fate qualcosa, merde!" urla E.R. voltatasi verso le retrovie della sala. Io urlo, in triestino, "Te amo!" e la statua di sale, velenosissima, apostrofa: "casomai te quiero" e purtroppo mi manca la prontezza di risponderle "casomai va in mona de tu mare". Devendra mima uno sparo verso il pubblico di merda, descrivendoli più o meno come "buchi di culo di ottava generazione" che non so cosa voglia dire, ma nel suo mondo esoterico animista non deve essere proprio una bella cosa.
Mentre si combattono questi scampoli di battaglia, però, la musica cresce, cresce, cresce. E' un po' la fissa di Devendra, va detto, spiazzare e rispiazzare, giocare con la setlist anche contro ogni logica classica dei concerti live, persistere con pezzi lenti e stranianti contro l'evidenza di un mancato feeling con most of the pubblico. Però l'ultima parte del concerto è talmente incandescente che i casi sono due: o il 79% del pubblico (de mierda) era già andato via, oppure la sua nefasta influenza si era sciolta come neve nel plenilunio - in ogni caso, a quel punto il puro oro alchemico della musica devendriana stava trovando la sua perfetta sintesi. Devo essere entrato in una specie di trance perché c'è chi sostiene che durante questo finalone sia stata suonata anche Rats, una delle mie preferite dell'ultimo album, ma io non ne ho memoria alcuna.

Grazie all'amico Gizu, il grande assente e pertanto praticamente presente, possiamo offrirvi la setlist del concerto:



Se ci cliccate sopra, oltretutto, potrete ascoltare i brani saccheggiati da YouTube, per capire finalmente perché Devendra è il cocchino di sempre più apolidi spaziotemporali.

E poi e poi e poi...
E poi c'era il dopoconcerto, cioè in pratica si andava nello scantinato generale dei Magazzini Generali, un posto a temperatura ambiente (esterna) dove la grande promessa era che Devendra avrebbe messo su dischi. E in effetti è successo anche di più: Dev in realtà avrà tirato fuori dal suo iPod sì e no 5 canzoni, lasciando il grosso del lavoro a due DJ proprio bravi. Ma ciò significa che per il resto del tempo il bell'uomo ha gironzolato per lo scantinato coi suoi Grogs, chiacchierando e scambiando baci e abbracci con tutti coloro che ne avevano bisogno. Lui sicuramente ne aveva bisogno. La giusta situazione defatigante, vibrazioni sicuramente più limpide rispetto a quelle vissute durante il live. Avrei potuto anch'io andare a stringermi a lui, ma sono timido, forse avevo paura di innamorarmi troppo, egli è così giovane e così pieno di energia, ancora ebbro della sua potenza, non ancora cosciente dell'aura che emana, ancora prigioniero di quella che lui crede essere la sua forza, mentre ne possiede una incommensurabilmente più grande, che solo un anziano può vendere attraverso gli occhiali della saggezza. O più semplicemente attraverso una serie di Negroni sbagliati.

Insomma: bella serata e bellissimo live, nonostante i Magazzini Generali. Indimenticabile il commento del tassista, alle 3 e mezza del mattino: "ma cosa vuoi che capiscano di folk quegli impasticcati dei Magazzini... appena mi compro il cannone (la pistola, ndA) un giro sicuro lo faccio, di là, e ho già la mia lista!"

Ah, sarà proprio un Natale indimenticabile, questo.
Xmas with the crysis.

3 comments:

Anonymous said...

E.R. for president (del consiglio)!
S.

Anonymous said...

I agree!
S2

Anonymous said...

E.R. bisb... etici in prima linea

il grande assente