Monday 27 June 2016

Tracce sul sentiero della memoria [parte 2]


Be', non potevo accettare di metterci un anno a pubblicare la parte 2 di questo articolo - troppo umiliante per me e per la razza umana in generale. Quindi eccolo qua. E se non avete letto la prima parte, eccola là. Senza quella, brancolerete nel buio senza capire che è sta bizzarra sequenza di robe facete.

13 I Mini Robots - Space Robot



Quindi, una volta che hai fatto Gakeen, che altro devi fare? Superarti, se ti chiami Vito Tommaso..Questo brano è semplicemente immenso.
Il testo. Come interpella l'ascoltatore. Volgi lo sguardo un momento in alto lassù / la in fondo dove i tuoi occhi non vedono più. Guarda l'inguardabile, pensa All'infinito, E' LEOPARDI, CAZZO! Ok, l'uso  di "giovanotti" è stucchevole, ma intanto mi è scoppiato il cuore in goolaaa, gooolaaaaa...
La musica? Fin dai due potenti, originalissimi accordi iniziali, si capisce che sarà una cavalcata in uncharted territories of the sigle. Rispetto a gackeen gioca più sull'unità di stile tra strofa e ritornello, non tanto in termini di melodia, perché lì lo stacco c'è (uno dei miei cambi di tonalità preferiti DI SEMPRE), quanto di groove complessivo. La voce maschile filtrata (che è, un flange?) che si sente chiaramente nel ritornello è probabilmente di Vito Tommaso himself, e il mix da master fatto da Bersanetti la tira fuori come non capitava nell'unica altra edizione su CD esistente. Il piano e la chitarra elettrica che dialogano con eleganza matematica e calore umano, proprio come un robottone giapponese deve saper essere. E l'obbligato di synth che va su e giù nelle sue discese ardite e le risalite?
E in tutto questo, c'è questa fantastica dizione da sigla per cui i robot sono robò. Ed è giustissimo così. Domo arigatò, mr. robò.


14 Daniel Sentacruz Ensemble - Pepper




Oh, pezzaccio. Se pensi che questi son quelli di Soleado non ti ci raccapezzi. Mai vista questa serie poliziesca. Pepper Policewoman? Mah. La musica si propone come la risposta discofunk a Starsky & Hutch, con fiati scatenati, un basso che slappa come fosse appena arrivato da Detroit, momenti con i soliti accordi di James Bond massì-hai-capito, nel ritornello c'è pure un clavinet trafugato da Stevie Wonder, poi arriva anche un pianoforte che non si sa mai, cori a profusione, voce uomo voce donna, violini-tensione. La professionalità è questo: magari non sto facendo "l'arte", è una sigla, ma la faccio al meglio e spendendoci comunque dei soldi. Lode a Ciro Dammicco, perché è il suoo arrangiamento che crea qui un piccolo classico dimenticato.
Si dice che negli anni Novanta venisse storpiata in "Popper, Popper" dagli estimatori di questa sostanza, ma l'ho in effetti inventato in questo istante.


15 Gianfranco D'Angelo - Vai con la bici


Be', non poteva andare bene per tutto il doppio cd, no? Mica c'erano solo sigle che parlavano ai bambini con un linguaggio musicale da grandi. In quegli anni ci si beccava anche tonnellate di sigle assolutamente Zecchino d'Oro compliant, con la variante "dialogo tra bambini e adulti". Qui l'adulto è Gianfranco D'Angelo, che tanto amavo da bambino, e tanto mi risulta insopportabile ora, solo a sentirlo voglio cambiare canzone. E lo faccio, con la consapvolezza che non l'ascolterò mai più. Eh. Ma poi io odio le mazurke, mi danno la senzazione che sta per tornare la guerra.

16 Omni - Green Line




Omni, ma anche Jean Pierre Posit, alias di Claudio Gizzi. Non mi dilungo sull'ennesimo musicista di talento con una storia tutta da scoprire che va da Visconti a Wahrol. Vi basti sapere che poi è finito a scrivere la sigla per "Agricoltura domani - Linea Verde", che ti aspetti delle zampogne e piva piva l'olio d'oliva, e invece Omni è un tifoso dell'elettronica spaziale e quindi si concentra sulla parte "DOMANI" del titolo piuttosto che su quella "AGRICOLTURA", venendosene fuori con una roba fuori di testa da viaggio intergalattico coi Daft Punk che hanno al massimo diriitto di pulire i posaceneri dell'astronave. Non so niente di Mario Maggi e del synth da lui inventato, l'mcs70, ma se i suoni che si sentono vengono da lì (Gizzi in altre occasioni ha collaborato con lui) questo signore è un altro gran ficone nella storia dell'elettronica italica. Resta la follia di associare l'agricoltura a 'sto trippone.
Per certi versi il brano più sorprendente e riscopribile della raccolta.


17 Superband - Fantaman



Dopo le sigle, intendo nel mio iter formativo musicale, sono passato senza passare dal via dritto agli anni Sessanta, alla Liverpool di Dougie, Meakin che guardava agli States ed è finito a Roma a fare figate (e dio sa se non meritava ancora più successo come interprete di quanto comunque ne ha avuto). Ascoltando la strofa di Fantaman  non c'è da stupirsene. Sembra anche un po' (un po'?) il groove di You're the one that I want da Grease. Meakin regna col suo cantato perfetto, con l'accento inglese che fa storia, con la risata satanica del dottor Zero che è leggenda. E com'è l'entrata de ritornello, che scioglie il ritmo serrato in una cavalcata pop rock dei buoni sentimenti? Praticamente la cifra stilistica dei Rockin' Horse. Adoro i cori e le seconde voci solo quando serve, cioè poco, perché Meakin fa tutto lui.



17 Superband - La forza del bene

[Eh! Non c'è mica su YouTube!]

L'usanza di mettere sul lato b dei singoli delle sigle un pezzo secondario scritto ad hoc per la serie, che ne affronti i temi sotto una differente sfaccettatura, sarebbe dovuto essere LEGGE. Come gli opening e gli ending jappi. Sentite questo brano, profuma di lato b finché volete, ma scorre gradevole. "Gradevole" è una categoria estetica che il mondo sembra voler dimenticare.

18 Manuel Manù - È strano, ti amo



E qui la madeleine è fulminante, roba sepolta chissà in quale anfratto della testolina. Sigla del programma "Fresco Fresco", che poi era il contenitore di roba altalenante per ragazzi di RAI1, poteva capitarti Mazinga Z ma anche Michele Strogoff, o Astroboy o magari Angelica, nella difficoltà dei programmisti a capire la logica di flusso e i tempi che sono sempre già cambiati quando pensi che stanno per cambiare. Io so che in un'edizione c'era Barbara d'Urso e che in quegli anni poi mi capitò non so come un "Playboy" in mano con la medesima Barbara d'Urso davvero molto giovane e discinta e cominciai a dubitare che il nudo fosse solamente una cosa naturale, e a sospettare che ci potesse invece essere un sottotesto alternativo. Una reazione, diciamo.
Ancora oggi, nonostante tutto, non riesco a scagliarmi come chiunque altro contro Barbara d'Urso. Diciamocelo: per quella foto di Playboy. E basta.
E questa sigla, be' sì, me la sono ricordata subito, appena sentita. Mi piace. Trovo che incarni con limpidezza il concetto di musica leggera. Il vuoto assoluto, l'innocuo, ma con una sartorialità musicale impeccabile, le doppie voci, un tappeto (be', uno zerbino) elettronico ma non troppo, le rime baciate, la melodia che sa cosa fare e dove andare e quando, addirittura, stupire. Un loffio così ben definito da avere senso.


19 Andrea Lo Vecchio e i Piccoli Cantori - Sally sì, sally ma


Ah, Andrea Lo Vecchio. Altro nome troppo grosso per questo già troppo lungo papiro. La voce, per i "siglari", riporta inevitabilmente a Bia, ma come paroliere le ha fatte anche più grosse, il nostro, da Gundam a Astroganga a... Sally (davvero, skippiamo tutto il discorso pop regolare, vecchioni, ho scelto bach e tutto il resto). Ed è un bel brano, Sally sì Sally ma, una marcetta rock con la verve de "Il trenino" di De Sica o di "The Monkey", che avrei addirittura attribuito allo stesso autore (mentre le musiche sono di Roberto Soffici e i testi di Albertelli, in quel caso - ma là era tutto un giringiro e Lo Vecchio e Soffici hanno altre volte collaborato, quindi mah!).
Per il resto ho il ricordo di un periodo in cui guardavo Sally e la principessa Zaffiro a casa di una mia zia che aveva la tivù in camera da letto, cosa impensabile all'epoca a casa mia, quindi thug life, sdraiato a letto a guardare la tivù tipo a sei anni. Wow.


20 I Piccoli Cantori feat. Nadia Biondini - Maghetta Sally


Eccotelo che torna, il buon Vito Tommaso, per la sigla finale di Sally. Ellallà, addirittura una opening e un ending, roba da profonda giappolandia. La storia  è intricata, tanto che questo brano fu sì sigla finale ma non lato B del singolo corrispondente, dove finì invece il pezzo descritto qui a seguire. Il brano in sè è grazioso come si compete a una majokko, anche se la signature figaggine di Vito Tommaso emerge proprio in pochissimi accordi.


21 Sally la maga


Vito Tommaso poetico. Se il mondo fosse in mano ai bambini, ci sarebbe parecchio casino, ""ma la guerra non ci sarebbe più". Dai, roba che un po' mi commuovo come in certe lennonate d'antan. La musica non pompa, ma povero Vito Tommaso, non è che poteva sparare roboanti cori robotici anche nelle serie più delicate. [Su YouTube ho trovato questa versione suonata Live da Vito Tommaso a Lucca, 2009 - cercate anche gli altri brani di quel live, nonché quelli del 2008: altri momenti fantastici che ho ben pensato, per puro snobismo, di perdermi].


22 Paola e Federica - Gioventù



E quando sei già satollo di sigle che non ne puoi quasi più, arriva la celeberrima mentina montypythoniana, che è però in questo caso è grossa come l'ennesima madeleine proustiana. Lo guardavo, questo programma contenitore, ah se lo guardavo! Amavo la sigla, mi sembrava la cosa più poetica mai concepita. La leggiadria. Musica di Tempera e testi di Albertelli, un duo capace, con Mina, di portarmi le lacrime agli occhi. Ma se c'è una madeleine che è invecchiata male è proprio Gioventù. D'altronde la gioventù invecchia, soprattutto per colpa delle due interpreti, probabilmente le figlie (gemelle o pare ammè?) di qualcheduno che ci teneva a farle cantare. E hanno cantato. Con tutti i tipici artifizi possibili all'epoca per mascherare le voci, comunque si sente questo mugolio stereo che faticosamente segue gli ottimi saliscendi melodici escogitati da Tempera.
Ma il vero dramma è il testo di Albertelli, che probabilmente ha avuto cinque minuti per scriverlo mentre fumava un cigarillo sul balcone.
Fino al vento del nord, metrica a parte (excalibùr?) ancora ci stiamo.
Vento del est è parecchio meh, ambizioso nell'unire marco polo, te' e zingari.
Vento del sud: cominciano i grossi problemi metrici e contenutistici.
Sul vento del west Albertelli cala le braghe: "sai di oro e saloon, giri come un computer" è evidentemente una frase scarabocchiata su un foglietto nell'ascensore della EMI, cinque secondi prima di incontrare le interpreti.
Però l'arrangiamento... Eh, resta uno di quei pasticcioni con gli archi alla James Last anni Settanta che comunque gli si vuole bene. Come non volere comunque un po' bene alla propria gioventù, di cui queste sigle sono lo specchio? Nel mio caso, naturalmente, specchio vecchio: poi voialtri avrete tutto il tempo, tra un po' di anni, di rimpianger Giorgio Vanni.

Extra Track: Vito Tommaso feat. Ilaria Andreini + un botto di gente - Peline Story Live


Dai, non si può chiudere con Paola e Chiara, pardon, Federica. Voglio chiudere con il più bel brano mai usato nella storia del mondo della vita delle sigle del tutto di sempre e per sempre. Una storia anche bella da raccontare, che va da vecchi leoni del progressive rock italiano a Georgia Lepore che tutto sommato non ricorda volentieri il periodo. Quindi niente, ascoltatela e basta, godetevi l'interpretazione di Ilaria Andreini e ripetete il mantra: "lunga è la tua strada, ma ce la farai". Un abbraccio.


3 comments:

Anonymous said...

Na na na naaa na-na-na na na naaaaa-aaa na-na-na
Ciao B!
S

Tivulandia said...

Io invece adoro sia VAI CON LA BICI che GIOVENTU'...
Questione di gusti, ehe he ^_^

Videodom76 said...

Ricordo quando suonasti la sigla di Peline Story in un Pianobisboch all'ombra del primo lockdown. Ti emozionasti parecchio e io e mezza chat finimmo in lacrime. Uno dei momenti che mi è rimasto più impresso di quello sciagurato periodo.