Friday 25 April 2008

Fumetto dell'artista da giovane

Arles, matite acquerellabili su carta, estate 1994

Ciao. Domani vado a Montreal. Dove viveva Mordecai Richler. Che ha vissuto anche in Francia. Il disegno qui sopra è ambientato in Francia, a Arles. O meglio: è ambientato in un quadro ambientato ad Arles. D'altro canto è stato proprio Van Gogh a dire: "Non arrivo a inventare completamente il mio quadro, al contrario lo trovo già nella natura, si tratta solo di riuscire a coglierlo in essa". E allora, di moderno in post-moderno, ma anche post-modesto, io umilmente trovai questo disegno già nel quadro di Van Gogh. Il signore che viene a vaticinare al tavolino del caffé terrazza di notte è Roberto Grandi, il mio professore di Teorie e Tecniche della Comunicazione di Massa. Tutti stravedevano per Eco, io stravedevo per Grandi perché più pop, perché parlava di Quadrophenia a lezione e per quel suo modo pastoso, sornione e baritonale di dire "buongiorno". Invece di preparare gli esami per la sessione autunnale, nell'estate del 1994 disegnavo come un matto. Non sapevo nulla del 2008, né del vento bellissimo che c'è questa sera a Milano, malgrado Milano.
Il mio amico Edoardo, dal bordo della piscina, disse che avrei dovuto usare l'olio, per fare il disegno, chè sennò non si poteva proprio entrare nel quadro di Van Gogh. Gli dissi che più che altro speravo che fosse il quadro a entrare nel disegno, ma mentivo, disperato come una matita acquarellabile: né carne, né pesce, né olio. Il fatto è che la pittura ad olio avrebbe richiesto un coraggio impensabile, per me, nell'estate del 1994. Ma anche nell'aprile, del 1994, per esempio, quando andai a ricevimento da Roberto Grandi per ben tre volte senza avere l'ardore di bussare alla sua porta ed entrare. Mi decisi solo quando lo sentii canticchiare "Hey Jude" dall'altra parte della porta. Epifania joyciana: volevo fare una tesina sulle gite promozionali di un giorno a Varenne, o a Loreto, o nella Val Sugana con vendita di pentole - e soprattutto volevo intitolarla "Day Tripper". Grandi me la fece fare, e diventò il mio eroe, l'uomo delle infinite possibilità, che premia coraggio e perseveranza. Tanto da meritarsi di finire in un disegno (ri)tratto da un quadro di Van Gogh, dove dire una frase ad effetto che sicuramente, pastoso sornione e baritonale com'è, non avrebbe detto mai. Soprattutto ad Arles, con una birra in mano, in una sera stellata d'estate del 1888, davanti a Vincent che dipinge, con più dietro Babich che cerca il suo disegno, e se stesso, nel quadro.
Quattordici o centovent'anni dopo, vado a Montreal. Un po' perché fa fresco, un po' perché là ancora non hanno MarioKart Wii. Speriamo.

2 comments:

Anonymous said...

Io alle elementari ho fatto alcuni fumetti su Mario: due in cui doveva combattere contro Bowser e uno, rifatto più volte ma mai completato, che praticamente sarebbe un misto tra Mario e Dragon Ball (Super Mario che cerca le Sfere del Drago :-D).

B. said...

Ahaha, anch'io avevo il vizio di rifare, anno dopo anno, le stesse storie, senza mai finirle. Grandi pagine iniziali, abbandonate nel nulla. La mia "opera" più grande, "Bevi Birra II", si compone di dozzine di vignette ed è, per l'appunto, incompiuta. Dannate Grandi Opere.
Ti consiglio, in termini di fumetti di mario, quelli dell'ottima lettrice della rivista Nintendo Ufficiale nota come Caterina Corsini: http://supercaterina.deviantart.com/