Thursday 9 October 2008

Recensione di 1/3 di disco degli Oasis

"Dig Out Your Soul",
disponibile dal 6/10/2008

Non ho fatto apposta. Volevo recensirlo tutto, davvero. Ma dopo la quarta canzone mi sono distratto - non che il disco paia brutto, anzi! Le prime quattro tracce sono assai promettenti. È solo che il modo in cui ascoltiamo musica è cambiato. L'internet ci ha dato tanta frammentarietà. Gli mp3 sono più singoli dei singoli d'antan - tanto che ti spari canzoni sfuse stile mangiadischi arancione, proprio come se fosse antan(i). Non è solo un problema di chi la musica l'ascolta, ma anche di chi la fa - siamo agli antipodi del concept album. Non a caso, ascolto per intero solo gli album fatti nell'epoca in cui c'era la consapevolezza che si poteva dare un senso, un colore, un significato complessivo al disco. E li ascolto per intero una volta traslati sul lettore mp3 mentre passo per i campi o in metrò, così ho le mani legate e non mi metto a browsare alla ricerca di nuovi stimoli sonori, ma lascio che la musica vada, placidamente mossa come il naviglio della Martesana.

Dicevamo? Ah sì, recensione di un terzo di disco degli Oasis.

Bag It Up
Un mischione impegnativo di riferimenti musicali degli anni preferiti dai Gallagher e anche dai Babich. Un pezzo che riesce a far quagliare il finale schizzato di Strawberry Fields forever con certe doppie voci da McCartney solista cantate con la secchezza delle fauci del Lennon solista.
Inspiegabile solo, due volte nel pezzo, una deriva armonica copiata da Astronomy Domine dei Pink Floyd. Vedremo se, a furia di ascoltarlo, diventerà sensato.

The Turning
Inizio asciutto, minimale. Il secondo pezzo di un disco è quello in cui un gruppo manda un messaggio implicito sulla direzione del nuovo lavoro. Vediamo se è vero.
Nella strofa emerge un organetto che rivela un groove quasi nero, come del northern soul digerito da Paul Weller e passato di terza mano agli Oasis.
Dei bellissimi suoni monotonici lunghi e ovattati nel ritornello sembrano dei mantra. Tanto per non sbagliare, il pezzo finisce con degli arpeggi simili Dear Prudence

Waiting for the Rapture
Parte con una chitarrina ossuta e ignorante: se l'avesse cantata Liam sarebbe stato tutto molto sbilanciato, invece la canta Noel proprio come canterebbe Come Together, brano di cui Waiting for the Rapture condivide l'incedere sfrontato. Il falsetto di Noel nel ritornello è intrigante, misterioso e completa la felicità del pezzo. Me la riascolto, dura troppo poco: tre minuti che dal vivo potrebbero essere dieci.

The Shock of The Light
Sembra quasi un bel pezzo di Morrissey solista - poi però arriva il produttore americano e ci mette un pizzico di Strokes, che è sempre defatigante. Un certo gusto per la ripetitività ossessiva, rock'n'mantra: lo stesso accordo alternato maggiore/minore, oppure l'alternanza di accordi distanti appena un semitono. Considerando che è il singolo, il rischio è di stufarsi un po'. Bello l'eco sulla voce di Liam quando canta la parola "shock", a 0:52.

E basta. Oh, ve l'avevo detto. "Continua?" No, assolutamente. Un terzo è un terzo.

6 comments:

T said...

Questa recensione e' un po' come una demo di una demo insomma.
E ora mi chiedo come siano gli altri due terzi, affascinato dalla descrizione delle prime 4 tracce. E ora, colto dalla curiosità, vado a comprarlo. Davvero, dovresti lavorare nel marketing :D

T.

Anonymous said...

Uh, ma no!, ma dai!, ma pensa! Babich (colgo l'occasione per chiederti aiuto circa un mio dilemma esistenziale che non mi dà pace: la pronuncia è tipo "Tic Tac" o tipo "Nina Moric"?) che si mette a recensire gli Oasis, ti pensavo musicalmente meno convenzionale, ma d'altronde essendo tu fan degli scarafaggi (perchè lo sei, giusto?) la cosa non dovrebbe sorprendere molto. Comunque personalmente al momento non sono nelle condizioni più ottimali per mettermi d'impegno nell'ascolto di un nuovo album, nonostante sia di una band che conosco e che essenzialmente non si rinnova mai troppo. E' che comunque materiale nuovo degli Oasis lo ascolto sempre col timore di incappare in canzoni piatte, facile preda dell'indifferenza di un criticone come me. Detto ciò, per ora, se ho voglia di Oasis mi metto l'album, si, proprio quello.

B. said...

eeheh... mi hanno prestato il disco, mi sono messo ad ascoltarlo scrivendo mentre andavano le canzoni. Non v'è una ragione di stima degli Oasis odierni. Era un po' un dargli una chance, visto che il Noel Gallagher dei primi due dischi si rivela un songwriter a mio avviso eccezionale (quasi più nei B-side, che collezionai avidamente).
Gli Oasis hanno un perché in un mondo dove ci sono anche (a caso) Eno, Gli Offlaga Disco Pax, gli Zombies, Giuni Russo, Glass, Ravi Shankar, John Martyn, Beethoven, Sinatra e Baden Powell.

comunque a me piace di più l'altro disco degli Oasis, non quello che piace a te :D

Yours truly,
Nina Moric

Anonymous said...

Nina cara,
tu ascoltando un (terzo di) disco cogli delle robe tecniche che a me sfuggirebbero anche al trentesimo ascolto...
A me basta di sapere (intro alla Nino Buonocore, cit.) che c'è della roba digerita da Paul Weller, quell'uomo mitico, cappuccinoso e internazionalista, e mi vien voglia di saltare gli Oasis e ascoltare direttamente PW.
W PW!
S

B. said...

Cappuccinoso? Avrei detto marmellatoso o (stiloso-conciliante) visto i suoi trascorsi di gruppo :D

N.

Anonymous said...

Beh dai, dire una chance è dire poco, il precedente "Don't Believe the Truth" non lo reputi degno di nota? In fondo oserei dire che sono forse la band più rappresentativa degli ultimi 15 anni.