Friday, 17 May 2013

Release therapy:
Bubble Bobble Lost Cave

Vettorializzazione masterpiece del logo a cura di Claudio Tradardi.

Tanto tempo fa, in questo post, blateravo in merito alla release therapy. Al potere taumaturgico del fare, per riassumere. Dopodiché, ho praticamente smesso di scrivere su questo blog. Ma come, fare, fare, e poi? 
Il fatto è che in blog è un po' fare e un po' dire, nonché dire di fare. Ho detto tanto, in questo blog, negli anni. Anche nel post poco fa linkato lo potete vedere: esplode un florilegio primaverile di stati d'animo, di propositi, di affermazioni più o meno sciocche, per quanto sentite. 
Però negli anni mi sono preso, sebbene sempre meno sul serio, sempre più alla lettera. Bisogna fare? E facciamo. Mi sono messo a produrre cose con sempre più convinzione, non perché fossi convinto di quel che facevo, o delle mie capacità, ma della necessità di produrle. E di produrle, per quanto possibile, con metodo. A costo di esaurire tutto il tempo libero a disposizione. Anche quello del dire, della scrittura su questo blog. E addirittura quello di dire di fare, di enunciare le proprie creazioni, che pure ha un peso importante del processo di guarigione implicato dal fare. 
Sarà per la comodità immane di Facebook, per quel senso di gratificazione immediata. Ho prodotto qualcosa? Ho un palcoscenico e una platea di persone che, tendenzialmente amichevoli, mi applaudiranno. Nessun problema, ma non è quella, non deve essere quella la gratificazione finale. Bisogna essere innanziutto grati  alle circostanze di aver consentito la produzione di un qualcosa che affonda le radici nella propria creatività, con consapevolezza e metodo.
La consapevolezza che ho in questo momento è relativa allo scrivere in questo posto. Ora rimetto a fuoco la sensazione di scrivere in primis per se stessi, ovviamente intirizzita dalla fresca sensazione di essere, potenzialmente, sotto gli occhi di tutti. Ma tanto più ora che Facebook e compagnia danzante esistono, questo blog sembra un pinnacolo solitario, esposto alla vista di tutti, ma anche lontano da tutto se non da se stesso.
Non pensavo fosse così corroborante. Non ricordavo. Più diventa desueto il concetto di blog, più, ovviamente, torna a piacermi. La nostalgia irragionevole e per anime deboli con crateri nella coscienza. La nostalgia come chiave interpretativa del sé e dei tempi contemporanei, invece, è un'arte sottile, preclusa ai più. Guardo alle modalità del blog, all'ingenuità con cui lo si usava un po' tutti (es. io), e apprezzo come ora, in contrasto alla dimensione "social", esso sembri un medium asciutto, lucido, dove parlare a vanvera consapevolmente.

Il mio lavoro quotidiano, negli ultimi anni, è passato dalla scrittura allo sviluppo di videogiochi. Questo è un altro fattore che sicuramente ha migliorato la mia capacità di creare "oggetti" finiti, seguendo un processo strutturato quanto serve. 

Che noia, eh! Sì, anch'io comincio ad annoiarmi. Due righe prima sei tutto contento e due righe dopo di rendi conto che era una sensazione illusoria, che mentre ti beavi della tua consapevolezza eri in realtà trotterellando sulle strade dell'ego, burattinato dall'Es. E va be', dai! Ho una figlia, a proposito di consapevolezze. Non posso davvero pretendere di mantenere un tono serioso, ora che percepisco un livello completamente nuovo di serietà, che scaturisce dall'energia della vita della carne, del movimento, del puro essere. Sì, intendo mia figlia.

Quindi.


Salturariamente, nei mesi a venire, scriverò dei post per ripercorrere le tappe creative che ho attraversato in questo anno di silenzio. Perché ne ho fatte tante - per quanto ne convengo che "fare" mia figlia sia un tantino imbattibile, come status creativo. Ma sono soddisfatto anche di un po' di altri progetti. 


Il primo è sicuramente Bubble Bobble Lost Cave. Ne ho scritto oltre due anni fa, in corrispondenza della creazione del blog corrispondente,


lostcave.wordpress.com


Se vi piacciono i vecchi videogame e i Bubble Bobble, visitate il sito. Sul sito troverete una molte impossibile da digerire di informazioni sul perché e percome di questo progetto. Su come io abbia incontrato online l'incredibile Aladar, l'altra metà del cielo pieno di bolle del gioco, senza il quale non si sarebbe fatto proprio niente. Sull'origine dei 100 nuovi livelli che abbiamo iniettato a forza nei dati del gioco da sala originale. Tutto in inglese, il sito. Faticoso e istruttivo, Lost Cave è un atto d'amore verso uno dei più grandi manifesti di design - non solo di game design tout-court di sempre. Era pensato per appagare poche persone, ma quelle poche hanno risposto con un entusiasmo quasi insostenibile. Stupendo. E dire che sul sito non ho nemmeno messo l'eseguibile con le ROM dentro, creato in un secondo tempo da un fan, perché non è del tutto legale, in effetti, compattare insieme una ROM e un emulatore.

Ma è difficile scriverne ora. Lost Cave è stato distribuito sotto forma di patch lo scorso dicembre, nell'anniversario della morte di MTJ, il designer di Bubble Bobble. Scriverne ora descrivendolo mi fa sentire strano, non viene tantissima voglia di parlare delle proprie gesta trionfanti, cioè, ho già, nella mia ottica, trionfato, che faccio, mi lodo e quindi mi imbrodo e quindi mi adagio e quindi mi alloro e allora non faccio più una mazza?
 Potreste leggerne per esempio qui, sul potente  blog di Danilo Dellafrana, invece, per esempio, che ve lo racconta con l'entusiasmo che avevo io quando ho lanciato Lost Cave nell'Internet. Ora il mio entusiasmo è su altre cose. Quali? Vi racconterò. Ma ora, scusate, ho da fare.

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