Monday 2 June 2008

Fear and loathing

Las Vegas, ore 4:30 AM, ascensore del Palms Hotel. I capelli verdi, la faccia verde, uno zaino Invicta blu, datato 1991, come Street Fighter II. Questa è l'unica foto che ho fatto a Las Vegas. Nella foto non ci sono le slot, le puttane, i palazzi di plastica, le venezie di cemento. Ma se guardo la foto li ricordo e li sento presenti, attanaglianti, appena fuori dalla foto, appena fuori dall'ascensore. Extradiegetico, direbbe qualcuna.
Las Vegas è assolutamente un incubo, pertanto si è rivelata didattica, interessante, appassionante. Una full immersion nella decadenza dell'impero occidentale totalmente spesata da Capcom? Ci mancherebbe pure che uno si lamenti: poter studiare l'umanità a gratis, nel contempo spupazzandosi in anteprima alcuni tra i migliori videogame dell'anno videoludico 2008/2009. Bene e male mischiati a tal punto, e con un tale ritmo, da non creare nemmeno chiaroscuri contraddittori, ma un unico mischione non duale, dotato di una mostruosa coerenza.
Intervistare dei game designer decisamente illuminati.
Sentire una stretta al cuore per la croupier coniglietta del Playboy Club stuccata, impalcata e siliconata perché i quaranta hanno già bussato alla porta da un pezzo.
Quasi piangere per la potenza visiva di Speed Racer dei fratelli Wachowski.
Perdere soldi alla slot machine, canticchiando, in piena consapevolezza, quel pezzo dei Rokes.
Soprattutto, ho visto un solo Elvis impersonator.

7 comments:

Anonymous said...

MIA LAS VEGAS

Apro gli occhi.
Il soffitto pesa azzurro sopra il letto.
Nel mezzo un rettangolo blu, finestra spalancata sul cielo.
Forse qualche stella aspetta il mio sguardo per gettarsi giù.
Mi aggrappo al legno della finestra e "mi aggrappo alla notte, che altrimenti si cade".
Il cielo sanguina luce,una stella si suicida in strada,trascinando con se' il mio desiderio.
Soddisfatta mi rimetto a letto,scoperta.
Silenzio.
Vedo una strada che corre veloce sotto a una coperta di nuvole....sento il solito cane che abbaia,pregando la luna di uscire.
Tutto ciò che desidero è in fondo a questa striscia di asfalto bollente..vedo le luci,ascolto il suono, la vedo e già so che presto le darò le spalle...LEAVING LAS VEGAS.
Un'utlima finestra chiude fuori la notte che riempie le vie...ne sento il profondo respiro che,come vapore,sale denso dalla strada.

B. said...

il cielo sanguina luce.
Bello.
Chissà com'è il desiderio, in Vegas.
Mi dà l'idea che ci voglia molta giovinezza, per riuscire a "desiderare" in Vegas. Per vedere quel caldo come una fiamma di passione e non come una pressa invisibile. Una pressa piacevole, stiracchiante, ma senza passione.

Ma non è del tutto vero. La prosa, di fronte alla poesia, non è mai vera. "Non è mai" e basta.

Mi hai fatto venire voglia di spiegare perché ero a Vegas, in effetti. Prossimo post.
Grazie.

Anonymous said...

Spiegamelo.
Io non ci sono mai stata,non ho potuto e non ho saputo desiderare. Ho visto una fotografia di Newton, "Leaving Las Vegas" appunto,e ho immaginato cosa si prova a lasciarsela alle spalle, a viaggiare su una strada che da una parte ha la certezza di un luogo dove forse l'unica cosa che manca è proprio LA CERTEZZA, e dall'altra qualcosa, qualsiasi cosa che potrai chiamare per nome soltanto quando arriverai in fondo alla strada. Ma alla fine è solo questo che conta,la strada...no?
Intanto spiegamela...

Anonymous said...

Vegas.. il posto peggiore che abbia mai visitato.. finora. A tre anni e un oceano di distanza ancora non sono riuscita a scrivere davvero perchè..

Anonymous said...

Uno zaino Invicta del '91? Minghia molto squallido, soprattutto se nel contesto di Las Vegas. Non è che la ragione per cui non hai visto puttane è proprio quella?? Ma dopotutto, chi se ne frega delle puttane quando hai a disposizione l'intiero mondo videogiocoso 2008/2009

"Inutile parlare di pipistrelli ormai, il bastardo presto li avrebbe visti da solo"

B. said...

HAAHHHAAHAAhhaha....
contavo che facesse "esotico", l'invicta sdrucito.

no, no. Dev'essere qualcosa di implicito nei giornalisti che fanno i viaggi spesati. I giornalisti si vestono male perche' il male è tollerato come loro divisa.
E le puttane sanno riconoscere un giornalista anche se si veste bene, ragion per cui certo che se la squagliano. Sono signore d'ingegno e d'arguzia!

Anonymous said...

Ah ecco, non saprei proprio dire non essendo nè l'uno (un giornalista) nè l'altro (una puttana); però si, posso immaginare.