Buon anno, gatto morto.
Negli ultimi mesi ci siamo visti( ti ho visto) spesso. Ogni giorno lavorativo, in pratica. Perché sei morto sul ciglio della strada statale che mi porta in redazione, nell'abominevole zona industriale di Cernusco sul Naviglio. Sei morto lì senza eccessi splatter, evitando la classica fine da gatto morto sotto un'auto. O almeno non si vedeva niente. Un giorno di inizio ottobre eri là. Morto. Accasciato su un fianco. Nemmeno denutrito, nemmeno spelacchiato. Semplicemente morto.
Lì è finito il tuo calvario. E lì è cominciato il mio piccolo calvario nei tuoi confronti, gatto morto. Perché ogni giorno che ti passavo accanto, sebbene il tuo stato anagrafico restasse il medesimo (=morto), io sapevo che, più o meno impercettibilmente, ti avrei trovato leggermente diverso. Molecole in trasformazione. Per i primi giorni ero sereno, ma presto, nel centinaio di metri prima di incrociarti, mi capitava di temere di trovarti trasfigurato dalle condizioni atmosferiche, dall'inquinamento dei tubi di scarico, dal naturale decadimento del tuo corpo senza vita. Ancora più inquietante era, poi, riscontrare come tu sembrassi sempre uguale. Non ti gonfiavi, non putrescevi. Non ti uscivano gli occhi dalle orbite. Anni di Dylan Dog e Romero non erano serviti a nulla per aiutarmi a prefigurare la tua progressiva decomposizione. Tu parevi non decomporre. Temevo la tua puzza ma, da quanto mi diceva il naso, non puzzavi (ancora?). Va anche detto che, giorno dopo giorno, il mio sguardo nel passare si faceva più rapido, così come il mio stesso passo. Ogni mattina ti giravo più a largo, man mano che aumentava la paura di riscontrare concretamente se le proiezioni della mia mente fossero corrette o meno.
Alla fine presi a passare sull'altro lato della carreggiata.
Contemporaneamente iniziò una sequenza di giornate bigie e piovose.
O forse presi a passare sull'altro lato della carreggiata proprio perché iniziò una sequenza di giornate bigie e piovose, e a quel punto sì che qualcosa sarebbe successo. A meno che tu non fossi un gatto morto di plastica. Uno scherzo. Il che avrebbe spiegato perché, per settimane, nessuno ti avesse tirato via dal ciglio della strada, scostato un pochetto, donato degna sepoltura. Chessò, un ente preposto alla rimozione dei cadaveri di animale. Cernusco sul Naviglio potrebbe benissimo avere anche qualcosa del genere, è un posto ricco. Hm, Cernusco sul Naviglio, non la sua zona industriale. Probabilmente l'ente in questione esiste, ma di certo non si spinge nel Far East della zona industriale. Questo spiega tutto.
E venne l'inverno, e venne la neve. E si sciolse. Un po' non ti pensavo più, gatto morto. Il che significa che inconsciamente la tua essenza era per me ormai una vera ossessione, tanto da doverti rimuovere - almeno dai pensieri, visto che nessuno ti aveva rimosso dalla tua tomba d'asfalto, foglie secche e pelliccia.
Presi il coraggio di tornare sul tuo lato della carreggiata. Perché la curiosità, qualsiasi curiosità, deve vincere la paura, qualsiasi paura. Anche quella di attraversare la statale, oltre che quella della morte (le due cose non sono poi così lontane).
Gatto morto, che... buffo, che eri diventato. non dissimile dalle foglie morte e impantanate poco più in là. Era giusto la mia storia di passeggiatore sulla statale (...) che mi permetteva di distinguerti ancora come un'entità a sé stante. La mia cultura che ti isolava ancora da quel tutto che è la natura. A parte - e questa è la cosa buffa - per le zampe, giusto la cartilagine e i polpastrelli, che ancora sbucavano, distinti, da una massa informe. Non proprio repellente, più che altro strano. Quel minimo di disturbante che ancora percepivo derivava solo dalla mia consapevolezza pregressa in merito al gatto morto che eri stato e che eri sempre meno. Eppure sono ancora qui a riferirmi a te come gatto morto. Un po' per comodità, e un po' per farti gli auguri. In ritardo, perché oramai di auguri non è che tu abbia bisogno (se mai un gatto davvero abbia mai bisogno di qualcosa da un essere umano). E allora semplicemente grazie, gatto morto, per avermi offerto una testimonianza e una connessione di come l'Uno confluisca nel Tutto. Più efficace di un guru, di un libro, di un corso sulla morte per corrispondenza.
Il 2010 sarà un anno indimenticabile.
2 comments:
Insomma il gatto morto batte Daniele Bossari feauturing Franco Battiato 1-0.
Son soddisfazioni, per i gatti.
s
2 di notte. Passo sul tuo blog, quasi per caso, e mi imbatto in questo post, in queste parole, in questa esistenziale riflessione che scintilla di pura umiltà. Cosi finisce che l'innocente immobilità del gatto morto mi commuova quasi come si trattasse di cosa viva. C'è nulla da fare. La morte da te descritta parla la voce della Vita. E lo fa con forza, per chi ha la sensibilità di saperla ascoltare.
Grazie per il bel post, Andrea. Terrò in mente il prezioso insegnamento del gatto, come un buon proposito di inizio anno.
Per quanto mi riguarda il 2010 comincia da qui.
Luigi
;-)
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